lunedì 30 settembre 2013

Una giornata al MIVEG - sabato 28 Settembre


qui il sito della manifestazione MI VEG

Prima di parlare di questa esperienza, faccio alcune premesse: non sono vegana e non sono vegetariana. Potrei aggiungere rispettivamente un “non ancora” e un “non più”, ma andrò come al solito per gradi.
Non ho nessun tipo di patologia da curare e faccio sport con costanza (3 gg a settimana di cardio intenso).
Ho un approccio scientifico verso quello che devo abbracciare come stile di vita, quindi – per quanto condivida le ragioni etico-morali in favore degli animali – sono soprattutto gli aspetti legati alla salute personale ed all’impatto ambientale delle mie scelte a motivarmi profondamente.
Ero quindi interessata ad un ulteriore approfondimento su questi argomenti: non mi si è aperto un mondo nuovo.
“Non più” vegetariana perché lo sono stata per più di 5 anni, durante l’adolescenza, ma nell’ignoranza totale di quello che è imprescindibile per una dieta bilanciata (e in famiglia non potevano aiutarmi, condividendo la mia ignoranza, ma non la scelta), sono andata incontro a diverse carenze e la mia dismenorrea congenita non ha certamente reso le cose più semplici.
“Non ancora” vegana perché se anche è vero che mi basterebbe fare un piccolo passo per esserlo a tutti gli effetti, ho bisogno di dati e degli strumenti per non ripetere errori giovanili che rischierebbero di compromettere seriamente la mia salute.

Ora, cercando di fare luce tra mille pareri e scuole di pensiero, credo non sia una scelta da fare alla leggera: scegliere un’alimentazione estrema in certa misura come quella vegana, se pure per me allettante, non è ovviamente supportata dalla grande industria e meno ancora dalle case farmaceutiche (che probabilmente chiuderebbero i battenti se tutti mangiassero in maniera sana), di conseguenza gli studi sono ancora relativamente pochi e credo sia assolutamente plausibile porsi delle domande.
Se devo chiedere un parere scientifico, lo ricevo da chi già vegano lo è, ma anche qui le posizioni non sono tutte uguali, se non unite nell’escludere qualsiasi cibo di origine animale.
A parer loro, non c’è nulla di più naturale e completo per il nostro corpo: il mondo vegetale ci offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno e, a fronte di una dieta realmente bilanciata, carenze non ce ne sono, a dispetto di ciò che ci ripetono come un mantra (carenza di proteine, calcio, B12…), e la ragione è semplicemente perché ci siamo evoluti sulla base di questa alimentazione. Il discorso non fa una piega. D’altra parte, analisi mediche alla mano, non si può contestarli.
Tra le varie letture del mio archivio personale, non è mancata la nutrigenomica e devo essere sincera: non mi sono sembrate tutte delle cavolate assurde, soprattutto nei punti in comune con la scelta vegana. Eppure tra questi ricercatori e dottori mi pare sia comunque sempre in voga il “di tutto un po’”, sebbene privilegino ovviamente frutta e verdura.
Il dubbio che siano foraggiati anche loro dalle grandi aziende è forte, soprattutto se ragionandoci sopra, è chiaro che ti forniscono i dati a sostegno della dieta vegana, ma uova, pesce e latticini non vengono alla fine esclusi, ne davvero demonizzati. Perché?
La domanda che mi pongo allora è: posso abbracciare serenamente una dieta che ha tutto ciò che su carta mi convince della propria salubrità e liquidare come fanno i veri vegani che dietro a tutte le raccomandazioni degli onnivori ci sono interessi che con la nostra salute non c’entrano? Che le informazioni sono distorte, così come è stata distorta la nostra natura di vegani?
Io mangio raramente carne e pesce, i cereali sono pochi e solo integrali, l’unico latticino fisso ancora presente nella mia alimentazione è la mozzarella sulla pizza (eh, ognuno ha le sue debolezze e mi dispiace, ma il tofu non da lo stesso risultato).
La mia dieta è costituita già quasi totalmente da frutta e verdura, ma SO che non raggiungo le calorie necessarie al mio fabbisogno giornaliero, perché sono abituata a mangiare porzioni relativamente piccole.
Prendo come riferimento la dieta fruttariana, perché è il tema del libro “La Dieta di EVA” di Aida Vittoria Eltanin, intervenuta con un’interessantissima conferenza al convegno.
Nella situazione attuale faccio fatica ad immaginarmi nel mangiare una tale quantità di frutta e verdura nell’arco della giornata. Parliamo di SERIE quantità di frutta, nell’ordine di ½ anguria, 5/6 banane, meloni interi, mele, fichi, datteri, uva e via di questo tenore. In un giorno, tutti i giorni. In aggiunta a verdura e taaaaanta insalata.
Credo di rientrare assolutamente nella media, in termini di ore lavorate/fuori casa, e tenendo presente che mangio abbastanza lentamente, se devo essere certa di non avere carenze e raggiungere le 1900/2000 kcal giornaliere, dovrei vivere direttamente dall’ortolano e non fare altro che mangiare tutto il giorno, proprio come i cari primati che piace tanto ai vegani prendere come esempio.
Quindi tutto bello, tutto condivisibile, ma in termini pratici non mi sembra apparentemente così semplice (attenzione: deve essere tutto preferibilmente bio e in più, anche in questa alimentazione, i grassi devono essere pochi oltre che di origine vegetale, quindi si fa fatica a “barare” per raggiungere la quota...).
Certo, potrei non scegliere di essere fruttariana, e includere nella dieta tutti quegli alimenti che – per quanto piacevoli – mi sembrano comunque un tentativo di riprodurre l’aspetto, la consistenza e il sapore di formaggi e carne (parlo di tofu et similia, seitan, tampeh, muscolo di grano, ecc..). ne abbiamo bisogno o ci sono solo perché le abitudini sono dure a morire e gli occhi sono sempre più grandi dello stomaco? Io li ho mangiati, non li trovo male, ma non li inserirei quotidianamente nella mia alimentazione… Se vegana devo essere, aspiro a sostenermi davvero solo con i prodotti che la natura ha previsto così come sono: elaborarli troppo mi sembra una forzatura non distante da quella del cucinare la carne per renderla commestibile.

Chiusa la parte che riguarda le mie perplessità circa la scelta vegana, possiamo parlare del MiVeg J
Siamo arrivati appena in tempo per la conferenza di Aida Vittoria Eltanin intitolata “Donne Sane, Donne vegane”, il primo incontro della giornata, dopo un percorso ai limiti dell’allucinante, grazie ai lavori stradali in corso in zona.
Ovviamente l’incontro era incentrato sugli effetti dell’alimentazione onnivora su noi femminucce, ma non sono mancate le argomentazioni generali sui problemi legati all’alimentazione onnivora e alle bugie che si celano dietro. Non ha parlato nello specifico di dieta fruttariana, limitandosi a parlare di quella vegana in generale, ma con i suoi modi pacati e i dati alla mano, è difficile non restare indifferenti e chiedersi: “cosa aspetto a cambiare dieta?”. Personalmente non la conoscevo, ma mi è piaciuta molto, come persona e come approccio all’argomento.
Nel frattempo ha cominciato ad arrivare un numero impressionante di persone, anche considerando che lo spazio non era enorme, ma nemmeno minimal: l’affluenza di pubblico – per quanto probabilmente formata più da vegani che onnivori, e quindi già “di parte” – mi ha piacevolmente colpito anche perché di pubblicità, nei giorni precedenti, in giro io non ne ho vista.

Tempo di pranzo: ci siamo deliziati con due veg-burger gustosi e preparati dalle amorevoli mani dei volontari che hanno faticato non poco nel gestire la massa di affamati che si è riversata ai loro banchi.
Nel pomeriggio sono rincominciati gli incontri.

Un argomento su cui forse in genere non si spendono molte parole, ma assolutamente degno di riflessione, è stato trattato in maniera coinvolgente dalla psicologa e psicoterapeuta Annamaria Manzoni, con la conferenza “Vittime di ogni specie: la violenza sugli animali e la violenza sugli umani”. I parallelismi della violenza applicata a uomini e animali, dal punto di vista psicologico, attraverso la storia e le citazioni di vegani illustri.

Abbiamo proseguito con l’incontro degli attivisti di EssseAnimali e NemesiAnimale: hanno mostrato le immagini video raccolte negli stabilimenti di allevamenti intensivi di galline ovaiole, che rappresentano solo un esempio di ciò che questi animali sono costretti a subire nell’arco delle loro brevi e miserabili vite. Toccante, anche per il cuore di questi ragazzi, che è talmente grande e percepibile da farti venire voglia di abbracciarli.


In fine, almeno per quanto riguarda la nostra visita, la conferenza di Grazia Cacciola, alias ERBAVIOLA, che ho atteso per tutto il giorno, rappresentando per me una luce nel web, sotto il profilo umano, con la sua intelligenza e umorismo e ovviamente la sua esperienza e cultura in fatto di “decrescita”.
Si, lo ammetto, ero emozionata per la possibilità di vederla “live” come una bimbetta, ed è stata una delle ragioni principali per cui ho partecipato alla giornata. Non fosse stato per un impianto audio da perderci l’udito, mi sarebbe piaciuto sentirla parlare per ore… meno male che la posso trovare quando voglio sul suo bellissimo blog.

Bello, bello, bello. Poco importa se io e la dolce metà siamo rimasti un po’ delusi dalla mancanza di educazione dei vari padroni di cani, in giro per il padiglione, liberi di scorrazzare e farsi coccolare impunemente da tutti si J , ma anche di urinare allegramente sugli impianti audio, durante le conferenze, senza che nessuno se ne preoccupasse. Io cani non li condanno, ma i loro accompagnatori... Eh!
Bello perché è stata l’occasione per parlare, sviscerare e confrontarsi su di un argomento che a me sta a cuore ed evidentemente mi coinvolge non poco: ha tante implicazioni che necessariamente portano a mettersi in discussione come esseri viventi su questa terra, che non è di nostra proprietà, ma a cui apparteniamo e alla necessità di smetterla di lasciarci manipolare..
Se è anche vero che una persona da sola difficilmente cambia il mondo, possiamo comunque fare nel nostro piccolo scelte consapevoli.
Evitare di chiudere gli occhi ed informarsi è il primo passo.
Quindi grazie a chi ci mette il cuore, il proprio prezioso tempo e tutte queste informazioni le fa girare.


venerdì 13 settembre 2013

Di ritorno dal mare

Finita già da qualche giorno la settimana di vacanza al mare, posso dirmi soddisfatta dei prodottini portati nel beauty.
Nonostante le grigie aspettative, il tempo è stato superlativo per l’intero periodo e abbiamo avuto modo di “impanarci” ben bene, per proteggerci dal sole.
Andiamo quindi per ordine…

PELLE
Partendo da uno stato di pallore totale (per la precisione la classica base bianco/verdognola di chi passa il tempo a lampadarsi con il monitor del pc e non si espone mai al sole se non per sbaglio), ho fatto in modo di usare tutti i giorni, su tutto il viso, decolleté, collo del piede e punti più sensibili, lo Stick SPF 35 Badger.
Ne sono rimasta pienamente soddisfatta, trovando conferma alle mie aspettative.
Il formato è quello di una colla stick. Bianco candido, ha una consistenza compattissima e a prima vista è facile pensare a incancellabili strisce bianche.
La verità è che sta al suo posto, il che è un vantaggio: la cosa migliore è passare direttamente su tutta l’area, se non troppo grande, o adottare una stesura “a griglia” sulle aree più grosse (tipo schiena): basta un massaggio nemmeno troppo energico e non rimane traccia di strisce bianche.
E’ resistente all’acqua per 80 minuti, quindi resiste bene anche alle sessioni di racchettoni più intense.
Personalmente l’ho usato anche per proteggere le labbra: qui l’effetto “gesso” è certamente più evidente, se non si stende più che bene con le dita, e la tendenza è quella di seccare un po’ le labbra (almeno le mie).
Detto questo, si rimedia con una base di badger balm sotto, e pronti via.
L’odore è praticamente inesistente (lo pubblicizzano come privo di profumazione), quindi massimo confort anche in questo.
Il risultato sulla pelle è assolutamente mat: mai avuto un solare che non ungesse o mi facesse apparire più lucida del normale. Questo non lo fa e tanto meno crea la base per sfoghi successivi. La pelle ringrazia.
E’ uno stick venduto per tutte le situazioni un po’ estreme, quali sole, vento e freddo: penso che lo finirò di usare questo inverno, per evitare che le mani mi si screpolino.
Voto: 10 e lode. Assolutamente meritati.

Senza infamia e senza lode è invece il giudizio per il solare Lovea SPF 15.
L’ho usato solo nelle zone più resistenti e molto spesso come ulteriore protezione, sulle zone già protette dallo stick Badger (più facile da gestire in spiaggia).
Nonostante la bassa protezione, non mi sono scottata: proteggere è il suo lavoro e mi sembra lo faccia.
Il profumo è leggero (monoi si, ma un po’ chimico secondo il mio naso), si asciuga in fretta e il finish non è appiccicoso.
Sarà che l’ho usato solo per pochi giorni, ad ogni modo non ha fatto disastri sulla mia pelle e non sono usciti brufoli.
Fa il suo lavoro, ma non lo consiglio per un’esposizione intensa, per chi è chiaro di carnagione: ci vuole indubbiamente qualcosa di più corposo (il sole era si di settembre, ma non innocuo).
In realtà non lo consiglio, perché ha un inci da brivido di orrore, ma se a qualcuno non interessa, vale come qualsiasi altro solare zeppo di schifezze ed eco-terrorista! J

Non salvo invece il dopo sole, sempre della Lovea, della stessa linea.
Personalmente non l'ho usato su di me, ma sulla dolce metà, che soprattutto sulla schiena ha accusato una leggera scottatura. Il profumo è buono e la consistenza liquida consente una stesura veloce e piacevole.
Detto questo non l’ho trovato davvero efficace, nella misura in cui non attenua il rossore, men che meno il dolore, seppur lieve.
Come dopo sole per me, e per tamponare con più vigore la predetta scottatura, ho messo in campo la mia amata Lozione idratante della Lavera: ha neutralizzato qualsiasi rossore e mantenuto la pelle idratata e morbida.

CAPELLI
Sono ancora in fase di valutazione con il Rio de Coco Trattamento per capelli della CMD, ma così – di primo impatto – direi che i capelli stanno meglio adesso rispetto a quando sono partita, il che è tutto dire! J
Va detto che bisogna farne un uso estremamente parsimonioso, se si vuole usare dopo lo shampoo: la ricchezza in olio di cocco, ne fa una potenziale arma di impiastricciamento di massa.
A questo proposito ho subìto un misurato sfottio per la mia strana acconciatura dall’aspetto lucido vagamente anni ’80, dopo aver ben pensato di usarlo dopo lo shampoo, non solo sulle lunghezze, ma su TUTTA la chioma (frangia compresa). Sbagliando si impara.
La consistenza e l’aspetto sono un po’ più cremosi rispetto al puro olio di cocco (solidificato), quindi la distribuzione sulle dita, prima dell’applicazione sui capelli, è più rapida e in un certo senso più controllabile (io faccio fatica a regolarmi con le quantità, con l’olio in forma solida).
Ho usato una palettina da gelato per prelevarla e con poco più di una punta ho protetto tutte le lunghezze. Mi durerà una vita e mezza, nonostante la confezione da 50 ml.
Il profumo ovviamente è naturalmente “coccoso” e, se usato nella giusta quantità, ho la sensazione che trattenga l’umidità dei capelli, lasciandoli idratati, ma senza l’effetto unto.
Sto continuando ad usarlo perché sui miei capelli (medio lunghi) ha un effetto disciplinante che è una manna dal cielo, essendo io inetta nell’arte della piega. Restano lucidi, morbidi e idratati.
Non l’ho ancora provato sulle punte asciutte, ma è nella lista delle cose da fare.

Al mare non ho cambiato la mia routine per i capelli: uso sempre lo shampoo della linea bio “Gabbiano” dell’Esselunga (per capelli delicati) e il balsamo Splend’Or al Cocco (perché di cocco non ce n’è mai abbastanza nella vita di tutti noi. E con questo non ho altro da dire al riguardo).

In definitiva è andato tutto bene: nonostante l’errore clamoroso, con l’acquisto della linea non bio della Lovea, i danni sono stati molto limitati, se non inesistenti.
Per l’anno prossimo credo che Badger e CMD verranno ancora in vacanza con noi… squadra che vince non si cambia!

 Parentesi gastronomica
Premetto che erano almeno 17 anni che non tornavo a Bibione, meta fissa delle vacanza della mia infanzia con mamma, papà e fratello. Temevo di trovarla stravolta, aliena.
Devo dire invece che ho solo visto cambiamenti positivi: è sempre stata una località ricchissima di servizi, ma ora è la risposta alle esigenze di qualsiasi fascia d’età, con particolare attenzione per chi ha al seguito prole.
Non siamo usciti spessissimo a cena perché non si può dire che sia economico, ma le poche volte siamo rimasti soddisfatti.

Per ben due volte siamo andati a mangiare la pizza da Primo Amore (Viale Aurora 28): tra le 19.00 e le 20.00 è sempre pieno. Non siamo riusciti a sederci all’esterno, ma niente di male.
E’ un ristorante/pizzeria e ho notato che molti stranieri hanno puntato sul pesce. Noi abbiamo optato invece per la pizza: un’ampia scelta sfiziosa (classica e non), con la bella sorpresa di 3 pizze “alla napoletana" (pizza più piccola, ma con impasto più alto). Per quanto mi riguarda… ottima e abbondante! J

Seguendo poi i suggerimenti degli utenti di Tripadvisors, abbiamo deciso di andare al Sans Souci (Viale Italia 7). Si trova decisamente lontano dal centro della “movida”, ma consente una piacevolissima passeggiata in una zona immersa nella pineta.
Mi sono stupita anche in questo caso del numero di clienti presenti: sarà anche bassa stagione, ma il pieno, mi assicurano i dipendenti, andrà avanti ancora per una settimana. Alla faccia della crisi.
Questa volta non ho potuto resistere a degli “gnocchi al sugo di spada”: amando gli gnocchi, mi è sembrata una buona idea. “Sfortunatamente” la porzione era buona e più che sufficiente per riempirci: rinunciamo alla frittura di pesce, ragione per cui siamo realmente venuti?
Ovviamente no, e abbiamo fatto bene, nonostante la fatica per mangiare tutto.
Anche questo posto lo consiglio: la frittura era deliziosa, croccante anche dopo essersi raffreddata e per nulla “impegnativa” per la digestione.

A proposito di frittura, ce ne siamo concessi una al volo, in una rosticceria in via Aurora 85: un bancone che offre ogni ben di dio in fatto di pesce, in pastella e alla griglia. Abbiamo apprezzato anche se i prezzi sono in linea con le rosticcerie: troppo alti, rispetto alla voglia che ti prende di mangiare TUTTO. Sob.

L’ultima segnalazione va alla gelateria ICE TIME in piazza Treviso. 2 gusti su tutto meritano una menzione: il gelato alla limetta (uno dei pochi non contenente latte, assieme ad altri 4) e il gelato Spirulì, all’alga spirulina. Vale la pena di mangiarlo solo per i benefici di questo super integratore naturale. Peccato fosse fatto con il latte: il piacevole gusto di vaniglia ed il simpatico (ed improbabile) azzurro puffo (che credo sia del tutto naturale, visto il colore dell’alga), ne fanno una golosità da non lasciarsi sfuggire, anche se si ha una lieve intolleranza ai latticini. Si vive una volta sola, e che cavolo… J